Sabato 5 marzo, alle ore 17, il Museo dei Campionissimi di Novi Ligure inaugura Linee, lumi et ombre finte. Disegni dei maestri genovesi tra ‘500 e ‘700, la nuova mostra d’arte che traccia una storia illustrata della pittura genovese, una delle scuole più significative del panorama artistico nazionale nel periodo tra il Cinquecento e il Settecento, con particolare attenzione ai capiscuola e ai principali collaboratori e agli allievi.
Per la prima volta viene presentata una raccolta proveniente da una collezione privata: un nucleo di disegni realizzati da quegli artisti che hanno lasciato un segno profondo sulla storia artistica della città di Novi Ligure, capoluogo di quella fascia al di là dell’Appennino definita Oltregiogo che in pieno Seicento era sotto l’influenza della Repubblica di Genova.
Da anni, infatti, l’Amministrazione Comunale è impegnata nel recupero e nella valorizzazione dei beni artistici e architettonici di proprietà civica, prevalentemente di scuola e impostazione genovese, proprio per il legame storico e geografico con il capoluogo ligure. Da questa attività due i risultati di maggior rilevanza: un progetto di valorizzazione triennale denominato Tracce liguri di cui la città di Novi è capofila e la mostra permanente ospitata dal Museo dei Campionissimi Tesori sacri dalla collezione civica che ha permesso una valorizzazione definitiva delle opere di proprietà dell’ente, tra cui il famoso e noto dipinto di Bernardo Strozzi, Beato Salvatore da Horta.
L’allestimento di Linee, lumi et ombre finte, mostra curata da Valentina Frascarolo e Chiara Vignola (in collaborazione con Maria Clelia Galassi per la ricerca e per l’indagine diagnostica e Daniele Sanguineti autore, insieme a Frascarolo, delle schede), mette proprio in relazione i disegni di quegli stessi maestri che a Novi hanno operato su commissione delle famiglie dell’aristocrazia genovese e delle confraternite locali.
Un’occasione, dunque, per indagare e seguire un’ideale storia del disegno nei secoli d’oro della cultura ligure così strettamente legata alla nostra identità territoriale.
DA DOVE NASCE LA MOSTRA
Il collezionista che ha messo a disposizione le opere, appassionato storico, fine conoscitore e mecenate, trae genesi per la sua ricerca quindici anni fa e, negli anni, la sua raccolta sotto la guida dello storico Camillo Manzitti, amico e complice di interessi, ha raggiunto livelli d’eccellenza. La metodologia conservativa, curata e pregevole, presenta una similitudine con i dipinti: i fogli esposti, insolitamente montati con cornici antiche, sono protetti da vetri appositamente studiati per preservarne il segno dai danni dell’illuminazione. Molte opere di questa proprietà, note e pubblicate, hanno un ruolo di rilievo in esposizioni di profilo nazionale e internazionale, segno di una non comune propensione alla condivisione della bellezza.
Per sua parte, accanto alla necessità propria del Museo di ricerca e valorizzazione, il collezionista ha il merito di nutrire un interesse storico spiccato e vivace tale da essere portato comunque alla ricerca della verità, affidandosi a nuove collaborazioni con la finalità di aggiornare il corpus di studi relativo alle opere.
SCHEDA TECNICA
Sono cinquantasette i fogli studiati e selezionati nell’intento di ricostruire gli elementi più significativi e interessanti della storia grafica dei maestri genovesi da Luca Cambiaso a Giovanni Agostino Ratti, con capolavori di indubbio valore storico che getteranno le basi di un ulteriore percorso di ricerca sul disegno a Genova.
Concentrarsi sulla pratica disegnativa che si svolgeva quotidianamente all’interno degli spazi lavorativi dei protagonisti di circa trecento anni di storia pittorica sviluppatasi entro i confini della Repubblica di Genova, rivela le radici artistiche e le linee di ricerca lì perseguite. Una storia raccontata per la prima volta da Raffaele Soprani nelle Vite de’ pittori, scoltori et architetti genovesi (1674), successivamente integrata e proseguita da Carlo Giuseppe Ratti nella sua riedizione settecentesca (1768-69), dove si assiste prima, tra il Cinque e il Seicento, al passaggio dalla bottega artigiana allo studio d’artista, denominato “stanza”, e successivamente, nel Settecento, con l’apertura dell’Accademia, alla comparsa del concetto di “scuola”.
Fu il confronto con gli altissimi vertici raggiunti a inizio Cinquecento nei cantieri vaticani da Michelangelo e Raffaello, approdati a Genova grazie all’arrivo nel 1528 di Perin del Vaga, a dare inizio a detta del Soprani alla maniera moderna: Luca Cambiaso, su incitamento del padre Giovanni – e nel secolo successivo anche Valerio Castello e Domenico Piola – prese a sperimentare sulla carta la resa della plasticità di una figura in movimento ammirando gli affreschi della dimora di Andrea Doria.
Il corpus espositivo della mostra composto da 57 disegni si apre proprio con tre fogli di Luca Cambiaso, prosegue con Giovan Battista Paggi, Lazzaro Tavarone, Giovan Battista Castello “il Bergamasco” e Giovan Battista Castello “ il Genovese”, Bernardo Castello, Andrea Ansaldo, Giulio Benso, Giovanni Andrea De Ferrari, Orazio De Ferrari, Sinibaldo Scorza, Domenico Fiasella, Cornelius De Wael, Giò Benedetto Castiglione detto “il Grechetto”, Valerio Castello, Bartolomeo Biscaino, Giovan Battista Merano, Domenico Piola, Anton Maria Piola, Carlo Antonio Tavella, Alessandro Magnasco, Domenico Parodi, Paolo Gerolamo Piola, Lorenzo De Ferrari e si chiude con un disegno di Giovanni Agostino Ratti.
L’ordine scelto per la presentazione dei fogli, anticipato da un excursus storico curato da Valentina Frascarolo, è cronologico e si sviluppa in una serie di medaglioni biografici a cura ancora di Frascarolo e di Daniele Sanguineti che inquadrano gli artisti e il corpus grafico in relazione ai fogli esposti. Particolare attenzione è riservata alle tecniche di indagine diagnostica, effettuate con il supporto dello Studio di Antichità e Restauri Gabbantichità di Tortona, che, oltre a rappresentare in questo specifico progetto il trait d’union tra pubblico e privato, ha provveduto con il suo know-how a fornire il “materiale” a Maria Clelia Galassi al fine di indagare i disegni esposti, dimostrando ancora una volta la forza del binomio tra scienza e storia dell’arte.
CURIOSITÀ
Il titolo Linee, lumi et ombre finte è liberamente tratto da una lettera con cui Giovan Battista Paggi descrive al fratello l’atto del disegnare e si collega in maniera filologica alla scelta del foglio Salomone adora gli idoli dell’artista come immagine della mostra, a riassumere l’atteggiamento di chi si accinge, oggi, come ieri, a realizzare un disegno: tracciare le linee, risparmiando la carta per i lumi, e delineare le ombre, riportate e finte.
LINEE, LUMI ET OMBRE FINTE
Disegni dei maestri genovesi tra ‘500 e ‘700
5 marzo – 12 giugno 2016
Museo dei Campionissimi, Sala espositiva 1 – Novi Ligure
Mostra a cura di
Valentina Frascarolo, Storico dell’arte – Ricercatore indipendente
Chiara Vignola, Specialista in storia dell’arte, Conservatore del Museo dei Campionissimi e della Collezione civica
Contributi in catalogo
Maria Clelia Galassi, Docente di Metodologia della Storia dell’Arte, DIRAAS, Unige
Valentina Frascarolo, Storico dell’arte – Ricercatore indipendente
Chiara Vignola, Specialista in storia dell’arte, Conservatore del Museo dei Campionissimi e della Collezione civica
Schede a cura di
Valentina Frascarolo, Storico dell’arte – Ricercatore indipendente
Daniele Sanguineti, Ricercatore di Storia dell’arte Moderna, DIRAAS, Unige
Catalogo edito da Comune di Novi Ligure
Sponsor tecnici
Studio d’Arte e Restauro Gabbantichità, Tortona
Assicurazione Le Generali, Agenzia principale di Novi Ligure
Orari di visita: da martedì a venerdì dalle 15 alle 19; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19
Info: museodeicampionissimi@comune.noviligure.al.it tel. 0143 322634
IAT iat@comune.noviligure.al.it tel. 0143 72585
Fb: Dolciterre di Novi – Museo dei Campionissimi – www.comunenoviligure.gov.it
dal Palazzo Comunale, 22 Febbraio 2016
Dentro le “stanze” degli artisti genovesi
Dalla metà del Seicento al Settecento
Fiorente fu la colonia fiamminga nella città di Genova che introdusse nuovi e apprezzati soggetti, quali scene di paese e di genere, oltre che una maggiore attenzione per la resa puntuale del naturale: Sinibaldo Scorza ne fu uno dei primi e migliori interpreti.
Più votato a tali tematiche fu anche il peculiare percorso artistico di Giovanni Benedetto Castiglione, il Grechetto, le cui straordinarie prove grafiche dinamicamente delineate e ombreggiate, memori degli energici studi di Van Dyck, non poco incisero nella produzione dei suoi più giovani colleghi, Valerio Castello e Domenico Piola, futuri protagonisti della scena artistica genovese.
Se verso la metà del secolo evidente è la vicinanza di ricerca di questi ultimi, la solida pienezza delle figure racchiuse entro una linea fluida ma decisa e rilevate plasticamente da un intenso chiaroscuro dei fogli del Piola appartenenti ai decenni successivi, pone il suo metodo disegnativo su una strada quanto più divergente dalla dissolvenza delle forme che aveva connotato le prove grafiche del Castello prematuramente scomparso.
È ormai la penna di Carlo Giuseppe Ratti a raccontarci la svolta verso il barocco dell’ambiente artistico genovese seicentesco: figlio di Giovanni Agostino Ratti, assessore per la scuola del disegno della neonata Accademia ligustica (dal 1751 al 1765) dove si continuava la gloriosa tradizione barocca locale aggiornata sulla corrente classicista di stampo romano, non può che apprezzare l’adeguamento della fluidità del disegno piolesco alla classica compostezza derivata dalla lezione di Carlo Maratta, attuata da Paolo Gerolamo, erede di Domenico nella conduzione dell’impresa familiare, sancendone uno straordinario successo perpetuato dagli eredi sino al Settecento con una grande versatilità nel fornire progetti per tutte le arti.
Un rinnovamento altresì presente nell’esercizio disegnativo di Domenico Parodi e Lorenzo De Ferrari, entrambi reduci di un apprendistato romano che aveva temperato il loro linguaggio, ancora intriso del decorativismo barocco dei loro maestri, di maggiore vigore plastico nella costruzione delle forme e di rinnovata classicità nell’ impianto scenico.
È il rigoroso e lento procedere che assegna al disegno un ruolo ancora fondamentale a essere descritto all’interno di quelle “stanze” che per l’accademico Ratti assumono spesso il nome di “scuola”.
Valentina Frascarolo
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